Sindacalismo e Repubblica

sinda

Sindacalismo e Repubblica è probabilmente il testo più significativo di Filippo Corridoni in cui il sindacalista marchigiano teorizza una repubblica antipartitica governata da una democrazia diretta. Il testo, una vera e propria riscoperta editoriale, è arricchito dagli atti del convegno tenutosi a Parma per ricordare la figura di Corridoni che permettono al lettore, dopo la prefazione di Enrico Nistri e l’introduzione agli atti di Paolo Martocchia, di approfondire Corridoni il sindacalista rivoluzionario (testo di Giovanni Facchini), l’interventista (Corrado Camizzi) e il volontario (Massimo Zannoni).

Filippo Corridoni nasce a Pausula (dal 1931 rinominata Corridonia in suo onore), in provincia di Macerata, il 19 agosto 1887. Uscito dalla scuola superiore industriale di Fermo, si trasferisce nel 1905 a Milano dove si getta nella lotta sociale militando nelle schiere del Sindacalismo Rivoluzionario. Sostiene con fermezza cuna lunga serie di battaglie contro il padronato che lo portano anche a persecuzioni ed esilio. Nel 1908 è protagonista a Parma del più lungo sciopero agrario del sindacalismo rivoluzionario italiano. Nel 1913 fonda l’Unione sindacale milanese. Allo scoppio della Grande Guerra richiama le moltitudini all’idea di patria e di dovere nazionale e si schiera al fianco di Mussolini per l’intervento. Benché inabile alle fatiche militari si fa inviare, volontario, al fronte. Il 23 ottobre 1915 viene colpito a morte durante un assalto sul Carso, alla “Trincea delle Frasche.

ACQUISTA IL LIBRO SCONTATO DEL 15%

 

C’è un cadavere nel mio champagne

cada

Louis Le Manac’h è un antiquario che conduce una vita relativamente ordinata per quanto lo permettano un’energica moglie, tre figlie e un cane affetto da gravi turbe psichiche in uno splendido borgo bretone, distratto solo dalla ricerca di mobili antichi e piaceri eno-gastronomici. Fino a quando la scoperta di un cadavere nel porto di Saint Malò, risvegliandola sua curiosità morbosa e il suo gusto dell’avventura, lo trascina in una improvvisata indagine dai risvolti più che imprevedibili. Attraversando la vita e le storie di indipendentisti bretoni e irlandesi, trafficanti d’armi, poliziotti, nazisti, partigiani, preti e tenere signore apparentemente indifese, Le Manac’h ritroverà qualcosa che aveva perduto e riscoprirà che le favole non sono mai così distanti dalla realtà.

Marcello De Angelis, nato a Roma nel 1960, ha vissuto per molti anni tra Inghilterra e Francia dove è stato illustratore e art director. In Italia ha svolto l’attività di grafico e poi di giornalista professionista, principalmente specializzato in politica mediorientale e cultura araba e islamica.

È stato direttore del mensile Area e del quotidiano Il Secolo d’Italia. Compositore musicale, cantautore e autore di racconti brevi pubblicati in raccolte e riviste specializzate, oggi è un produttore di birra artigianale e operatore di una ONG attiva in Africa e nel Medio Oriente, oltre a collaborare come freelance con altre testate giornalistiche. È stato senatore e deputato, socio onorario dell’Istituto di Studi sull’Africa e l’Oriente e insignito di una medaglia di bronzo della Croce Rossa. C’è un cadavere nel mio champagne è il suo primo romanzo

ACQUISTA IL LIBRO SCONTATO DEL 15%

 

De Angelis Marcello

dea

Marcello De Angelis, nato a Roma nel 1960, ha vissuto per molti anni tra Inghilterra e Francia dove è stato illustratore e art director. In Italia ha svolto l’attività di grafico e poi di giornalista professionista, principalmente specializzato in politica mediorientale e cultura araba e islamica.

È stato direttore del mensile Area e del quotidiano Il Secolo d’Italia. Compositore musicale, cantautore e autore di racconti brevi pubblicati in raccolte e riviste specializzate, oggi è un produttore di birra artigianale e operatore di una ONG attiva in Africa e nel Medio Oriente, oltre a collaborare come freelance con altre testate giornalistiche. È stato senatore e deputato, socio onorario dell’Istituto di Studi sull’Africa e l’Oriente e insignito di una medaglia di bronzo della Croce Rossa. C’è un cadavere nel mio champagne è il suo primo romanzo

Libri: C’è un cadavere nel mio champagne

Corridoni Filippo

cor

Filippo Corridoni nasce a Pausula (dal 1931 rinominata Corridonia in suo onore), in provincia di Macerata, il 19 agosto 1887. Uscito dalla scuola superiore industriale di Fermo, si trasferisce nel 1905 a Milano dove si getta nella lotta sociale militando nelle schiere del Sindacalismo Rivoluzionario. Sostiene con fermezza cuna lunga serie di battaglie contro il padronato che lo portano anche a persecuzioni ed esilio.

Nel 1908 è protagonista a Parma del più lungo sciopero agrario del sindacalismo rivoluzionario italiano. Nel 1913 fonda l’Unione sindacale milanese. Allo scoppio della Grande Guerra richiama le moltitudini all’idea di patria e di dovere nazionale e si schiera al fianco di Mussolini per l’intervento. Benché inabile alle fatiche militari si fa inviare, volontario, al fronte.

Il 23 ottobre 1915 viene colpito a morte durante un assalto sul Carso, alla “Trincea delle Frasche.

Libri: Sindacalismo e Repubblica

Marinetti Filippo Tommaso

mari

Filippo Tommaso Marinetti nasce ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876. Alcuni anni dopo si stabilisce a Milano con la famiglia. Dopo aver conseguito il baccalaureato a Parigi si laurea in Legge nel 1899. Vicino all’area politica socialista non vi aderisce appieno per via delle sue idee nazionaliste. Il 20 febbraio del 1909 pubblica su Le Figaro il Manifesto del Futurismo : 11 punti che conglobano tutte le arti, il costume e la politica, facendone l’unica avanguardia poliedrica. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale Marinetti e i futuristi si proclamano interventisti. Nel Dopoguerra viene stipulato un programma politico futurista. È in questo periodo, nel 1919, che compone Democrazia Futurista. Il suo programma politico affascina Mussolini, che fa suoi molti dei punti del manifesto, anche se verrà accusato da Marinetti di reazionarietà e passatismo. Il 2 dicembre 1944, Marinetti muore a Bellagio sul Lago di Como a causa di una crisi cardiaca.

Libri: Democrazia futurista

Marconi Gabriele

mar

Gabriele Marconi, nato a Roma nel 1961, giornalista professionista, è stato direttore responsabile del mensile Area – politica, comunità, economia. Tra i fondatori della Società Tolkieniana Italiana, ha collaborato al “Dizionario dell’universo di J.R.R. Tolkien”. È autore dei romanzi L’enigma di Giordano Bruno, Io non scordo, Le stelle danzanti – Il romanzo dell’impresa fiumana, Fino alla tua bellezza e Il regno nascosto. Ha inciso due album musicali: Noi felici pochi e In viaggio e scritto un monologo teatrale sulla strage di Bologna, dal titolo 2 agosto 1980.

Libri: Ritorno alla terra desolata

Ritorno alla terra desolata

rito

Ritorno alla terra desolata nasce dalle suggestioni del poema di T.S. Eliot The Waste Land e si immerge nelle medesime acque, tra miti, archetipi, leggende e letture passate. Il viaggio che dona senso ai versi dell’autore, però, affronta tematiche e visioni tutte personali. Qui la Terre gaste è la modernità che viviamo, un titano che si allarga a dimensioni inimmaginabili eppure è desolatamente privo di grandezza. È la scimmia della civiltà: un progresso che fa strame di tutto ciò che è bello, giusto, onorevole ed eleva a virtù ciò che dovrebbe invece fare orrore. Lo fa con tutte le armi a sua disposizione, e gli è concesso farlo perché “è mancato il perno/che faceva da asse al nostro universo”. È una modernità – non solo sterile bensì mortale – che il protagonista, tornato incidentalmente a camminare fra noi, non riconosce più e che cerca in ogni modo di lasciarsi, letteralmente, alle spalle. Raccontando questo viaggio il poema, forma arcaica per eccellenza, diventa di un’attualità sconcertante.

Gabriele Marconi, nato a Roma nel 1961, giornalista professionista, è stato direttore responsabile del mensile Area – politica, comunità, economia. Tra i fondatori della Società Tolkieniana Italiana, ha collaborato al “Dizionario dell’universo di J.R.R. Tolkien”. È autore dei romanzi L’enigma di Giordano Bruno, Io non scordo, Le stelle danzanti – Il romanzo dell’impresa fiumana, Fino alla tua bellezza e Il regno nascosto. Ha inciso due album musicali: Noi felici pochi e In viaggio e scritto un monologo teatrale sulla strage di Bologna, dal titolo 2 agosto 1980.

ACQUISTA IL LIBRO SCONTATO DEL 15%

Democrazia Futurista

futu

Marinetti si fa artefice di nuove idee e proposte per il rinnovamento dell’Italia contenute nei ventisei punti (o capitoli) di Democrazia futurista. Il testo si avvia riferendosi, più che al più noto Manifesto del futurismo, al precedente Manifesto del Partito Politico Futurista Italiano pubblicato l’11 febbraio 1918. Se si dovessero sintetizzare con una parola le proposte marinettiane, questa sarebbe senz’altro rivoluzione, riassunta nella formula “conflagrazione futurista”. Una rivoluzione contro la classe dirigente che governava il paese e regolava la vita italiana ridotta “a una convivenza cretina di quadri d’antenati e di una lurida servaccia”, la necessità della rivoluzione nasceva per superare il sistema di governo democratico. Tale rivoluzione doveva segnare una netta cesura con il passato poiché “noi non dobbiamo nulla al passato”. Marinetti si scaglia contro la tradizione colpevole di essere un freno allo sviluppo del paese e della nuova classe dirigente: la borghesia, vera potenza produttiva del lavoro.

Filippo Tommaso Marinetti nasce ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876. Alcuni anni dopo si stabilisce a Milano con la famiglia. Dopo aver conseguito il baccalaureato a Parigi si laurea in Legge nel 1899. Vicino all’area politica socialista non vi aderisce appieno per via delle sue idee nazionaliste. Il 20 febbraio del 1909 pubblica su Le Figaro il Manifesto del Futurismo : 11 punti che conglobano tutte le arti, il costume e la politica, facendone l’unica avanguardia poliedrica. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale Marinetti e i futuristi si proclamano interventisti. Nel Dopoguerra viene stipulato un programma politico futurista. È in questo periodo, nel 1919, che compone Democrazia Futurista. Il suo programma politico affascina Mussolini, che fa suoi molti dei punti del manifesto, anche se verrà accusato da Marinetti di reazionarietà e passatismo. Il 2 dicembre 1944, Marinetti muore a Bellagio sul Lago di Como a causa di una crisi cardiaca.

Democrazia Futurista, Filippo Tommaso Marinetti, Idrovolante edizioni, 2015, euro 15.

ACQUISTA IL LIBRO SCONTATO DEL 15%

Politica estera, crisi dell’occidente, Chiesa cattolica, Islam: Gianfranco de Turris si racconta

A distanza di quasi 15 anni dall’11 settembre possiamo dire che quella dimostrazione di vulnerabilità degli Stati Uniti, ribadita nel corso del tempo dalla scellerata politica estera e soprattutto dalla crisi economica, ha dimostrato che il centro del mondo non è più a Ovest. Dov’è che sta fallendo l’impostazione politica, sociale ed economica occidentale?

L’errore di base è considerare il baricentro dell’Occidente, o addirittura l’Occidente stesso, negli USA, un’idea nata e consolidatasi soltanto dopo la fine della seconda guerra mondiale. Crollato l’URSS sono rimasti solo gli USA che, avendo già influenzato e condizionato dal 1945 materialmente, ideologicamente, economicamente e culturalmente l’Europa sconfitta, hanno potuto continuare a farlo indisturbati (la famosa “fine della storia” di Francis Fukuyama). Ma gli USA sono soltanto l’Estremo Occidente, non l‘Occidente in sé. Appare tale perché il Finis Europae e poi la globalizzazione hanno uniformato tutto e ogni crisi che parte da oltre Atlantico ha tragiche conseguenze anche sull’altra sponda. Il fallimento sta nell’errore di fondo: essere gli Stati europei divenuti vassalli di una idea di Occidente rappresentata dall’America, o meglio di una certa, specifica America e del suo messianismo politico e morale, vassalli peraltro consapevoli e felici di esserlo.

Eppure, la sentenza della Corte Suprema sul diritto costituzionale alle nozze tra coppie omosessuali ha fatto dimenticare tutte le lacune di uno Stato che ha promosso negli anni tutto fuorché libertà e diritti umani…

Fumo negli occhi e strumentalizzazione. Intanto questa sentenza ha spaccato la Corte Suprema, i cui membri sono a vita: cinque a favore e quattro conto. Il che è significativo. Tale sentenza che è il risultato di una deriva che parte lì da molto lontano e che ha alle spalle il lavorìo decennale di numeroselobby, il pazzesco conformismo del “politicamente corretto”made in USA, e l’ideologia del gender come fenomeno culturale e non naturale (cui anche la nostra Cassazione sembrerebbe aderire), oltre quella secondo cui esistano solo diritti (magari inventati) che non doveri. Tutto ciò porta alla “dittatura delle minoranze”. La recrudescenza del razzismo violento non solo negli Stati del Sud, dimostra che non è tutto oro quel che lucicca e che ci sono emergenze sotterranee mai eliminate per le quali il matrimonio omosessuale non è la panacea…

Da cosa nasce questa tendenza etnocentrica che porta a concepire una cultura diversa come “da purificare” o peggio ancora “liberare”? A questo proposito c’è chi, addirittura, considera i miliziani dell’Isis come un effetto collaterale di quella che viene vista come un’invasione del Medio Oriente.

Direi piuttosto di una convezione “americanocentrica” che non è di oggi ma risale almeno alle fine dell’Ottocento e che si è accentuata, appunto, dopo il 1945 con gli USA superpotenza mondiale convinti di avere una missione di civiltà da svolgere nel mondo dopo aver imposto la democrazia in Germania, Italia e Giappone, un’idea distorta di Impero che non è certo quello tradizionale. Prima – e si poteva anche essere d’accordo in nome del realismo – gli USA si sono opposti all’espansione del comunismo sovietico e cinese. Poi, crollata l’URSS, la questione è diventata non solo e non più politica ma economica e ideologica. In particolare un’ideologia liberaldemocratica, come apice della civiltà occidentale da imporre a tutti i costi nel resto del mondo, magari anche con le grottesche e tragiche “guerre umanitarie” pure in quei Paesi che di simili regole non ne vogliono sapere, perché non è nel loro DNA e nella loro cultura. Una prova è l’ISIS la cui origine è in uomini che sono stati prigionieri a Guantanamo, si sono ispirati ad Al Qaeda, e vengono foraggiati dalle nazioni sunnite, in teoria anche filo-occidentali (Turchia, Arabia saudita). Questo non vuol dire, come alcuni dicono, che siano stati indottrinati o manovrati dagli USA, ma solo che se non ci fosse stata la ottusa guerra-farsa contro Saddam che controllava con mano ferrea l’Iraq, l’ISIS non sarebbe esistito. E Saddam con Al Qaeda non c’entrava nulla, anzi ne era nemico, né aveva le “armi di distruzione di massa” inventate come scusa per l’invasione. Però era un… “dittatore”. Tanto per capire l’idiozia americana e la totale incompetenza dei suoi esperti in Medio Oriente. Ma quella dell’ISIS, occorre sottolinearlo, non è una guerra in primis contro l’Occidente, ma uno scontro tra sunniti e sciiti da parte di fanatici religiosi e iconoclasti che sono contro tutte le altre religioni, e l’Occidente ci si trova in mezzo e ne subisce gli effetti collaterali anche in casa propria.

Abbiamo visto con le “primavere arabe” che in realtà alcune zone della Terra somigliano a un vespaio che sarebbe meglio non stuzzicare. L’instabilità di alcuni di questi Paesi, penso alla Libia, ha acuito un problema che peraltro già conoscevamo bene: il massiccio flusso migratorio verso le nostre coste. Qual è secondo lei il confine tra un reale dovere di accoglienza e una sterile xenofilia?

Le cosiddette “primavere arabe” (se non sbaglio un termine coniato dal giornalismo occidentale) dimostrano la demagogia, spesso in mala fede e strumentalizzante, di politici, intellettuali e mass media occidentali che si eccitano di fronte ad eventi di cui non afferrano la profondità e il senso, ma solo l’aspetto ufficiale “antidittatoriale” e “democratico”, appunto perché è la parola che conta e non chi sta effettivamente dietro a simili rivolte. Ci si indigna contro certe repressioni e non contro altre: in Cina succede di tutto ma a nessuno frega nulla per motivi economici e commerciali, idem in Arabia Saudita perché possiede il petrolio ed è – si afferma – “amica dall’Occidente”. L’Egitto era un baluardo contro certo islamismo fondamentalista, ma è stato lasciato cadere Mubarak: per fortuna il generale Al Sisi ha ripreso in mano il Paese: ma qualcuno lo sta aiutando? Le altre nazioni che si affacciano sul Mediterraneo sono traballanti, prima non lo erano. Gheddafi è stato fatto cadere da Sarkozy che pensava di scalzare l’Italia come partner petrolifero e nessuno glielo rinfaccia: ha fatto una more atroce che ricorda quella del Mussolini che tanto odiava, e nessuno ci piange su, una nemesi storica, ma controllava il suo Paese ancora tribale e frenava l’emigrazione selvaggia. Che è aumentata proprio dopo la destabilizzazione delle sponde che abbiano davanti. Abbiano frontiere marine non facilmente controllabili, ma le cose sono assai peggiorate dopo che i governi di sinistra, per motivi ideologici, hanno abolito la legge Bossi-Fini e dopo che alcune tragedie, di cui non abbiano colpe, hanno messo in moto la macchina delle lacrime organizzata daimass media, dalla Chiesa e da certi politicanti. Del resto, come ben si vede, non esiste alcuna “solidarietà europea”: i paesi del Nord-Est del Vecchio Continente non ne vogliono affatto sapere: affari italiani, però ci criticano e ci bacchettano, il che è fazioso e intollerabile. E noi non siamo capaci di organizzarci. Cosa difficilissima quando arrivano migliaia, non decine, di persone al giorno. Come le identifichiamo, come le controlliamo, come decidiamo su ognuna di esse? Nessun Paese accoglie indiscriminatamente tutti. Mentre le navi europee scaricano nei nostri porti ogni giorni i profughi raccolti nel Mediterraneo, altre altre nazioni non ne vogliono saperne di “quote”. Noi non possiamo respingere, ma la Francia respinge a Ventimiglia, e a Calais – e la Gran Bretagna a Dover – le due estremità dell’Eurotunnel, si alzano muri e si rafforzano fili spinati contro gli immigrati clandestini.

Ci si dimentica di come facevano gli USA con gli immigrati europei: tutti riuniti a Staten Island e identificati. E si vuole ignorare come si comporta l’Australia, nazione circondata dal mare: anch’essa riunisce i clandestini che non riesce a respingere su un’isola, e promuove una intensa campagna con video, volantini e manifesti da diffondere nei Paesi vicini sconsigliando l’immigrazione e prospettandone le conseguenze. Qualcuno a livello internazionale (ONU) protesta contro l’Australia, paese immenso, dove sia laburisti che conservatori adottano tali misure?

Si dovrebbero accogliere – queste le regole – solo i profughi che fuggono da nazioni in guerra, da nazioni in cui sono perseguitati, non i clandestini che migrano solo per fame e indigenza, che vengono in Italia e in Europa per cercare lavoro in massa, a meno che non ci sia una equa distruzione degli immigrati in tutto il continente, il che non avviene. Il fatto che ci siano certe regole da noi firmate prima che accadessero eventi imprevedibili devono farle considerare superate. Ovviamente i nostri politici sonno così tremebondi, insulsi e condizionati dal “buonismo” a senso unico, con la paura di essere accusati di “razzismo” da non avere il coraggio di chiedere una rinegoziazione, nonostante la gravissima emergenza attuale. Fino a quando potremo continuare ad assorbire e a distribuire per l’Italia tutta questa gente, che costa fior di quattrini? Senza alcun provvedimento a mote il flusso non si fermerà mai. Non è che i politici non lo sappiano. La xenofilia – meglio sarebbe dire la xenofollia – sta portando soltanto guai, lo si vede ogni giorno, ma non si riuscirà mai a far ragionare realisticamente politici, intellettuali, giudici e giornalisti demagogici. C’è la parolina magica che fa tacere ogni critica: “razzista”.

Nei giorni scorsi ha destato scalpore la morte di un immigrato nigeriano per il troppo caldo mentre lavorava in una piantagione di pomodori. Ma non è in realtà proprio questo il paradosso di questa incontrollata immigrazione, ossia il rischio che si trasformi una nuova tratta degli schiavi?

Proprio così, ma i demagoghi dell’accoglienza senza se e senza ma, come dicono, non se ne vogliono accorgere. È una delle conseguenze, ma non è affatto una novità. Il lavoro clandestino, sottopagato, incontrollato, gestito spesso da cosche criminali ne è una conseguenza. Chi ci tiene alla dignità umana dovrebbe risolvere la questione a monte, quindi controllare i flussi, bloccare i trafficanti che sono una vera organizzazione, identificare le persone ecc., non a valle quando il danno è fatto. Si sa ormai di quante migliaia di clandestini sono scomparsi nel nulla dopo essere approdati in Italia. Che fine hanno fatto? Dove sono andati? Cosa fanno adesso?

Per come (non) sta gestendo questo dramma, e per come sta rischiando di implodere alla luce di quanto sta accadendo in Grecia, cosa pensa dell’Unione Europea così com’è concepita e in generare del processo di integrazione nel Vecchio Continente?

L’Unione Europea è nata con un duplice vizio di origine: non è stata proposta al vaglio di referendum nazionali, ed è stata costruita dal tetto e non dalle fondamenta. A quanto pare era più importante la sciagurata decisione della moneta unica che non altro: un passo tanto drastico e sconvolgente da non poter non essere sottoposto a consultazioni popolari. E che sia stata una iattura per noi, lo ha affermato la BCE documentando che l’unica nazione europea che si sia sostanzialmente impoverita con l’introduzione dell’euro è stata l’Italia. Ovviamente colpa dei nostri governanti saccenti, presuntuosi, incapaci e inetti, di sinistra, destra, centro e tecnici. Tutti. Sicché la UE è caduta in mano alle banche, alla burocrazia folle di Bruxelles e Strasburgo e alla egemonia (economica e numerica) dei Paesi dell’Europa settentrionale cui si sono aggiunti i Paesi ex socialismo reale. Una Europa quindi protestante, luterana, calvinista che intende imporre a quella mediterranea anche i suoi stili di vita, compresi quelli alimentari. E la sua etica. Si aggiungano a ciò le sempre maggiori porzioni di sovranità nazionale che si stanno cedendo alla UE al grido “ce lo chiede l’Europa”. Se ne può uscire soltanto opponendosi con tutte le forze e gli strumenti politici e diplomatici, magari cercando alleanze con altri Paesi mediterranei. Ma in quindici anni non ci sono mai stati governi all’altezza. Dopo la crisi dei profughi quante volte abbiamo sentito dire dall’attuale governo che le regole vanno cambiate? Ebbene, si è vista qualche proposta concreta, qualche passo diplomatico? Io non me ne sono accorto. Parolai, venditori di aria fritta.

Il referendum indetto da Syriza, con la successiva ridiscussione del debito greco a Bruxelles, non è un altro esempio di illusione democratica concessa ai popoli ai quali però viene comunque negato il potere decisionale?

Lo è. Il referendum si è ritorto peraltro contro Tsipras che nella rinegoziazione non ha ottenuto nessun miglioramento dopo il “no” referendario, bensì un peggioramento. Ha illuso i greci, in sostanza, facendo credere che la loro opposizione sarebbe servita a qualcosa. L’Europa ha il coltello dalla parte del manico, mentre la Grecia era alla bancarotta. Forse se avesse avuto il coraggio di buttarsi nelle braccia di Putin…

A tal proposito, l’estrema destra ellenica strizza da tempo l’occhio a Putin e alla Russia. Da un punto di vista meramente politico e culturale il modello russo può rappresentare una risorsa per quel tipo di ideologia?

Ornai certe distinzioni fra “destra” e “sinistra” sono saltate. Chi definirebbe oggi Putin un “comunista”? Ma le idee non sono affatto chiare: ricordiamoci che volontari europei “di destra” sono andati a combattere in Ucraina sia per le forze governative che per le forze separatiste filorusse. Anche da noi Fratelli d’Italia e la Lega guardano a Putin. Perché? Su questo molti commentatori hanno ironizzato, ma scioccamente dato che – appunto – certi schemi sono ormai saltati. Del resto in Russia chi appoggia Putin ha varia estrazione ideologica, da Limonov a Dugin, tutti però accomunati dalla idea nazionale e imperiale. Sembra una nemesi storica, ma Putin, un ex KGB, si pone ora come difensore di certi valori tradizionali religiosi (si presenta come il protettore della Chiesa ortodossa, è contro il fondamentalismo islamico), morali (è contro il femminismo provocatore e contro i matrimoni omosessuali) e politici (non si spaventa degli USA, subisce delle controverse sanzioni). Rivaluta addirittura lo zarismo e l’identità nazionale opponendosi alla globalizzazione. Quindi che certa “destra” guardi a lui non deve meravigliare.

Parlando di Putin, è ormai celebre la sua battaglia appunto contro i diritti delle coppie gay, proprio mentre in Occidente sono ormai pochi i paesi che non le riconoscono. La sua è un’ostinazione anacronistica? In questo senso la Corte Europea di Strasburgo ha sollecitato provvedimenti anche in Italia. È solo questione di tempo prima che anche il nostro Paese legiferi in merito?

Aver accettato la UE, e quindi aver rinunciato a certa sovranità nazionale, presenta purtroppo anche questi aspetti, non solo politici ed economici. Si deve distinguere però tra diritti e apologia, dato che siamo passati dalla discriminazione o non accettazione a considerare l’omosessualità come una normalità, qualche volta il massimo della normalità con relativo disprezzo per l’eterosessualità. Intanto bisogna ricordare che la Corte Europea ha chiesto di regolamentare la questione, ma non obbliga i Paesi della UE a istituire il cosiddetto “matrimonio gay”. Il conformismo italico, il furor ideologico e la pressione di varie lobby (le stesse che si scagliano violentemente con chi non è d’accordo ed esprime pareri diversi, come il caso-Barilla) vorrebbero imporre qualcosa che metta sullo stesso pianole nozze fra eterosessuali e quelle fra omosessuali in modo che non ci sia alcuna differenza sostanziale e giuridica fra i due tipi di famiglie che ne escono. È quanto si vuole in Italia, in contrasto, direi, con la Costituzione definita “la più bella del mondo”, ma che in molti sperano la Consulta, in caso di ricorso, emani una sua “sentenza innovativa”. Il che con l’aria che tira e i giudici che ormai siedono nei seggi alti (laureatisi nel clima del Sessantotto), puntualmente avverrà. Domina l’ipocrisia, ance qui. La questione delle “unioni civili” in sostanza riguarda solo gli omosessuali e farsi scudo degli eterosessuali è ridicolo: per essi esiste già il “matrimonio civile” che tutela i contraenti al cento per cento. Perché le “coppie di fatto” eterosessuali dovrebbero volere una specifica legge se ne esiste già una ineccepibile? Forse perché non vogliono mettere piede neppure in municipio oltre che in chiesa? E allora perché vogliono farsi regolamentare i loro diritti se rifiutano quanto già esiste? È che le “unioni civili” sono pensate per gli omosessuali con tutta la deriva pseudo-democratica e pseudo-moralistica che ne segue, per cui essere contro tutto ciò diviene automaticamente espressione di “omofobia” (parola idiota ed etimologicamente errata perché vuol dire “paura dell’uguale” non per pura assonanza “paura dell’omosessuale”). Il solito giacobinismo italico.

Qual è il ruolo che gioca, e magari che dovrebbe giocare, la Chiesa cattolica su una questione del genere?

Risposta difficile se non impossibile, perché è difficile se non impossibile capire cosa pensa esattamente il capo attuale della Chiesa e cosa pensi la CEI. Quando Bergoglio dice. “Ma chi sono io per giudicare?” lascia interdetti e sconcertati. Verrebbe da rispondergli: tu sei il Pontefice, il rappresentante di Cristo sulla Terra, ecco chi sei. O le prospettive sono cambiate? Del resto che ci siano cardinali e vescovi che la pensano diversamente su certe questioni lo si sa bene. Occorre capire come la Chiesa di Bergoglio intenda porsi di fronte al Mondo: aprirsi a tutte le sue esigenze, richieste, novità, oppure farsi freno alle spinte più avanzate, devianti e pericolose? Un problema di sempre, mica una novità…Bisogna capire esattamente chi è il papa argentino e quali sono le sue idee. Non dimentichiamoci che simbolicamente è l’ultimo papa delle Profezie di Malachia, cioè Petrus Romanus. Ci si voglia credere o meno, sta di fatto che Bergoglio è il papa Nero in quanto gesuita (con mentalità e strategie da gesuita), è “il papa che viene dalla fine del mondo” come lui stesso si presentò ai fedeli il giorno dell’elezione, è soprattutto il Vescovo di Roma come egli spesso ricorda spesso. Più che il Sommo Pontefice vuole essere il Grande Parroco, il Parroco del Mondo. I problemi però non sono gli stessi fra una città e un pianeta. E che è un Papa Bis, visto che il suo predecessore non è morto, ma si è dimesso, vive a Castelgandolfo, spesso lo affianca, ha coniato per sé il titolo, prima inesistente, di “papa emerito”…. Una anomalia incredibile, inimmaginabile, mai avvenuta nella storia bimillenaria della Chiesa di Cristo. Un fatto da fine del mondo… Una situazione in cui tutto diventa possibile, anche se non ci si pensa più. Alla fine la Chiesa accetterà come dato di fatto le “nozze gay” se verranno istituite, come accettò divorzio e aborto.

Crociate contro l’islam, difesa della famiglia tradizionale, politica economica attenta al welfare. Sembra che nonostante il credo religioso stia regredendo, la dottrina cattolica possa rappresentare ancora una valida chiave di lettura per comprendere gli equilibri della modernità che sta cambiando…

Francamente non mi pare che le direttive attuali della Chiesa cattolica siano proprio queste. Forse in apparenza. Troppe diatribe interne e troppe contraddizioni. Non vedo una “crociata contro l’Islam” (anzi) che peraltro detto così sarebbe un errore di direttiva e di prospettiva: non è contro l’Islam in sé che bisogna fare una crociata ma contro gli jihadisti e la loro mentalità fanatica. La difesa della famiglia tradizionale non si fa con le parole contraddittorie del papa sopra riportate. Il family Day non l’ha organizzato il Vaticano. L’attenzione al welfare non si fa utilizzando toni demagogici e quasi quasi proclamando che la “proprietà è un furto” come i veteromarxisti (anche la Cina ci ha ripensato e gioca in Borsa…). A mio parere la secolarizzazione della società occidentale viene troppo da lontano e non è possibile porvi rimedio. Il fatto è che l’Occidente secolarizzato se la deve vedere con un Oriente, o una parte dell’Islam, talmente religioso da arrivare al fanatismo omicida. Insomma, è uno scontro non fra due civiltà, ma fra due identità, una che non c’è più e una che cresce sempre più.

Un’ultima provocazione. Se l’Occidente non è più (ammesso lo sia mai stato) il migliore dei mondi possibili, allora qual è?

Non esiste “il migliore dei mondi possibili” se non nell’immaginario dei filosofi alla Spinoza, dei liberali alla Popper e degli utopisti. I primi ritengono che lo sia il mondo così com’è, altrimenti Iddio ne avrebbe creato un altro. I secondi ritengono che lo sia la società occidentale democratica, vertice dopo tremila anni della società mondiale. I terzi lo costruiscono sulla carta e poi quando cercano di metterlo in pratica ne esce una società collettivistica e oppressiva, vale a dire il comunismo realizzato, una via tra Lenin, Mao e Pol Pot.

Intervista di Daniele Dell’Orco